venerdì 9 dicembre 2011

Il delitto di ricettazione: dolo diretto o eventuale. Implicazioni con il reato contravvenzionale di acquisto di cose di sospetta provenienza.

La Suprema Corte a Sezioni Unite affronta la questione in tema di qualificazione dell'elemento soggetivo richiesto ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione.
Come noto, il quesito è stato per lungo tempo oggetto di ampio dibattito tra gli interpreti del diritto, dando vita a due distinti e contrapposti orientamenti giurisprudenziali.
Un primo indirizzo interpretativo poneva l'attenzione sulla natura oggettiva del reato, che richiede l'esistenza di un reato anteriore, unita al fatto che la provenienza illecita delle cose acquistate o ricevute dall'agente fosse a quest'ultimo nota.
Dunque, perché si potesse ritenere configurato il reato in commento, occorreva che l'autore del delitto avesse la piena consapevolezza (si parla di certezza) della provenienza delittuosa dell'oggetto materiale del reato.
L'orientamento qui espresso forniva, dunque, un'interpretazione restrittiva del reato di ricettazione, che poteva configurarsi solo in presenza di uno stato psichico dell'agente riconducibile alla forma del dolo diretto (ex multis: Cass. pen. 84/9042).
Ne conseguiva, in applicazione di tale tesi, che ove non venisse accertato che l'agente avesse ricevuto, acquistato od occultato le cose o il denaro con la consapevolezza della loro provenienza delittuosa, si sarebbe eventualmente potuto configurare il reato meno grave di acquisto di cose di sospetta provenienza, rispetto al quale è sufficiente che l'agente abbia un atteggiamento psicologico di disattenzione, di noncuranza o di mero disinteresse.
Nondimeno, come si è già anticipato, all'orientamento appena espresso se ne contrappone un altro che di recente è stato altresì accolto dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la nota sentenza 10/12433.
La sentenza in commento, che pare porre fine al contrasto giurisrpudenziale, sancisce la compatibilità del dolo eventuale con il reato di ricettazione.
Senza soffermarsi sulla nozione di dolo eventuale, non essendo questa la sede, il ragionamento della Suprema Corte parte dal presupposto secondo cui, nel delitto di ricettazione, il dolo enventuale è ravvisabile quando l'agente, rappresentandosi l'eventualità della provenienza delittuosa della cosa, non avrebbe comunque agito diversamente anche se di tale provenienza ne avesse avuto la certezza.
In questo caso, quindi, il dolo eventuale riguarderebbe non la verificazione dell'evento, bensì il presupposto della condotta (delitto antecedente e provenienza delittuosa delle cose),sicché l'agente deve essersi rappresentato la possibilità dell'esistenza del presupposto e, ciò nonostante, ne accetta il rischio.
Il principio espresso dalle Sezioni Unite comporta un allargamento del campo di applicazione del delitto di ricettazione a discapito del reato contravvenzionale di cui all'art. 712 c.p..
Applicando il criterio del dolo eventuale alla ricettazione, infatti, l'atteggiamento psicologico richiesto all'agente, si colloca su un gradino immediatamente inferiore di quello dell'assoluta certezza, "configurandosi in termini di rappresentazione da parte dell'agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto". (Corte di Cassazione Sez. Un. 3.3.2010, n. 12433).

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