sabato 17 dicembre 2011

I rapporti tra la frode fiscale e la truffa aggravata ai danni dello Stato.

La Corte di Cassazione a Sezioni unite è stata chiamata a decidere se sussista o meno il rapporto di specialità  (o di consunzione) tra i reati di frode fiscale – nella specie infedele dichiarazione IVA mediante ricorso a fatturazioni per operazioni inesistenti - e di truffa aggravata.
Sul punto, si erano formati tre orientamenti interpretativi:
a)     Un indirizzo minoritario escludeva l’applicazione del principio di specialità tra i reati in commento, ravvisando, dunque, la sussistenza del concorso di norme.
Tale insegnamento sulla scorta del criterio interpretativo del bene giuridico tutelato dalla norma penale, escludeva la specialità tra le due ipotesi di reato dato che la frode fiscale non richiede l’effettiva induzione in errore dell’Amministrazione finanziaria, né il conseguimento di un ingiusto profitto con danno dell’Amministrazione (Cass. sez. 5, 23.1.2007, n. 6825).
b)     L’orientamento prevalente sosteneva, invece, la sussistenza del rapporto di specialità tra le fattispecie in argomento, osservando che l’unica contestazione addebitale fosse quella della normativa tributaria. L’insegnamento basava la propria conclusione su una serie di ragioni: i) il delitto di infedele dichiarazione IVA è connotato da uno specifico artificio (utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) e da una condotta a forma vincolata; ii) non sussiste la specialità reciproca tra i reati de quibus; iii) il  reato tributario si connota, quale delitto speciale, come reato di pericolo o di mera condotta poiché la sua consumazione prescinde dal verificarsi dell’evento di danno; iv)  la negazione della sussistenza del criterio di specialità tra i reati in commento sarebbe in contrasto con la linea di politica criminale con la ratio che ha ispirato la riforma introdotta dal D.Lgs. 274/2000; v) da ultimo, la specialità del delitto tributario rispetto a quello comune di truffa emerge anche dal fatto che la condotta di frode al fisco, se non intende realizzare finalità diverse ed ulteriori, non può che esaurirsi nella disposizione prevista dalla normativa tributaria (ex multis: Cass. sez. 2, 2.7.2009, n. 30537; Cass. sez. 2, 11.1.2007, n. 5656).
c)     Un terzo orientamento fa leva sul principio di consunzione ritenendo che i due reati tutelino il medesimo interesse applicando il delitto con il trattamento sanzionatorio più grave, ossia la frode fiscale (Cass. sez. 3, n. 37410 del 2007).
Le Sezioni unite, risolvendo il contrasto interpretativo posto all’origine della questione in esame, partono da due presupposti.
In primo luogo, la Corte ha aderito al principio in base al quale in caso di concorso di norme penali che regolano la stessa materia, il criterio di specialità (Art. 15 cod. pen.) richiede che, ai fini della individuazione della disposizione prevalente, il presupposto della convergenza di norme può ritenersi integrato solo in presenza di un rapporto di continenza tra le norme stesse, alla cui verifica deve procedersi mediante il confronto strutturale tra le fattispecie astratte configurate e la comparazione degli elementi costitutivi che concorrono a definirle.
In secondo luogo, la Relazione governativa al D.Lgs. n. 74/2000 premetteva che la dichiarazione fraudolenta “si connota come quella ontologicamente più grave: essa ricorre, infatti, quando la dichiarazione non soltanto non è veridica, ma risulta altresì insidiosa, in quanto supportata da un “impianto contabile”, o più genericamente documentale, atto a sviare o ad ostacolare la successiva attività di accertamento dell’amministrazione finanziaria, o comunque ad avvalorare artificiosamente l’inveritiera prospettazione di dati in essa racchiusi”.
In sostanza, il legislatore già reputava che la condotta descritta dalla normativa tributaria oltre ad essere di particolare disvalore, era anche oggettivamente idonea a raggiungere lo scopo perseguito, ossia esporre in concreto a pericolo il bene tutelato dalla norma.
Da tale assunto, era possibile affermare che la presenza di un evento di danno in senso naturalistico non rilevava ai fini dell’integrazione della fattispecie oggettiva.
A ciò si aggiunge che le novelle legislative intervenute successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo in commento, hanno ancor di più avvalorato la tesi in commento.
Il sistema sanzionatorio in materia fiscale, infatti, presenta una spiccata specialità che lo caratterizza come un sistema chiuso e autosufficiente, all’interno del quale si esauriscono tutti i profili degli interventi repressivi posti a tutela dell’interesse erariale alla corretta percezione delle entrate fiscali.
Applicando i principi sopra affermati, si evidenzia come la frode fiscale sia connotata da uno specifico artifizio, costituito da fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Dunque, il conseguimento di un’eventuale indebito rimborso o il riconoscimento di un inesistente credito d’imposta non rileva ai fini della configurabilità del reato di frode fiscale, poiché il legislatore ha inteso anticipare il momento consumativo del  reato alla commissione della condotta tipica.
Il reato di frode fiscale si connota, dunque, come reato di pericolo o di mera condotta.
Sulla scorta di tale iter argomentativo, le Sezioni unite, con la sentenza in commento, sono giunte alla conclusione tale per cui “i reati in materia fiscale di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 8, sono speciali rispetto al delitto di truffa aggravata a danno dello Stato  di cui all’art. 640 c.p., comma secondo, n. 1” (Cass. sez. un. 19.1.,2011, n. 1235)
Pertanto, il rapporto di specialità tra le fattispecie penali tributarie in materia di frode fiscale (artt. 2 ed 8, D.Lgs. 10.3.2000, n. 74) ed il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640, comma secondo, n. 1, cod.pen.) va ravvisato tutte le volte in cui la condotta fraudolenta diretta all’evasione fiscale esaurisce il proprio disvalore penale all’interno del quadro delineato dalla normativa speciale.
Solo quando dalla condotta di frode fiscale “derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all’evasione fiscale, quale l’ottenimento di pubbliche erogazioni” deve, invece, ritenersi configurabile il concorso fra il delitto di frode fiscale e quello di truffa.
Quando, infatti, l’agente si rappresenta un ulteriore evento di danno diverso dalla specifica fattispecie in materia fiscale, l’attività frodatoria è diretta non all’evasione fiscale, ma anche a finalità ulteriori.
 In questo caso, non sussiste alcun problema di rapporto di specialità tra le norme, perché una stessa condotta viene utilizzata per finalità diverse, violando diverse disposizioni di legge, senza esaurirsi nell’ambito del quadro sanzionatorio delineato dalle norme fiscali.
Ne deriva che solo in tale ipotesi sussiste la concorrenza dei reati de quibus, attesa l’esistenza di  finalità diverse compresenti in un'unica azione criminosa. (cfr. Cass. sez. un. 19.1.,2011, n. 1235; Cass. Sez. un., n. 27/2000; Cass. Sez. 2, 23.11.2006, n. 40266).

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